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Denunce dei redditi sul web: confessioni di un proletario.

A proposito della pubblicazione dei dati fiscali di tutti noi Italiani sul sito dell’Agenzia delle Entrate, quasi subito bloccata dal Garante della Privacy, stavolta in quel “quasi” c’è tutto il sublime della Rete. Eh, sì, perché qualcuno ha fatto in tempo a copiare i dati così esposti e a diffonderli tramite le reti di condivisione file dette anche peer to peer.  E’ un po’ come se esponessero alcune foto intime di noi tutti. Chissà quanto ammiratori potremmo collezionare, altro che privacy. Stavolta l’intento esibizionista è stato bloccato, anche se non tempestivamente, dal Garante suddetto. Mi chiedo, se le dichiarazioni dei redditi sono previste per legge, perchè non possano essere pubblicate. Dove inizia la riservatezza e dove la libertà di conoscere i dati altrui è arduo distinguere e capire, talvolta, e questa vicenda lo conferma in pieno. Voglio esporvi il mio dramma: ricordato che sono il classico “signor Nessuno” (e quindi non vedo perchè qualcuno dovrebbe impicciarsi dei fatti fiscali miei) ho pure parecchi omonimi e alcuni sono nati lo stesso mese, giorno e anno qui a Roma; pertanto, hanno lo stesso codice fiscale. Ora, come faccio a sapere che un eventuale curiosone non mi abbia confuso con altro Marco Caruso? Ricco o povero che sia, non mi va di esser scambiato per un altro, geloso come sono della mia individualità. Pertanto, garante o no, devo confessarmi con voi:  nell’anno riguardante i dati diffusi ho guadagnato meno di 16.000 euro lordi (tempi difficili, questi) e sono sopravvissuto solo grazie a risparmi messi da parte fin dai tempi non-euro. Essere poverello sì, ma pure eventualmente scambiato per un altro magari abbiente, proprio no! Ora lo sapete: il Marco Caruso di Roma che scrive su questo blog ha finanze personali molto limitate anche perché, (ormai è noto almeno a voi) gli editori mi snobbano come la peste e non pubblicano le mie modeste creazioni letterarie. Quindi mi tocca lavorare part-time e i miei redditi sono da muro del pianto. Che si sappia in giro o no, credetemi, non cambia la mia situazione e per giunta non me ne importa un fico.

Un pensiero

Volate via le feste, con la solita orgia consumistica che sottrae senso e tempo alle meditazioni che dovremmo riservare a certi eventi, voglio dedicare un pensiero a quanti hanno perso la vita, sul posto di lavoro, in questo triste 2007.

Ancora oggi, lavorare per quattro soldi può voler dire rischiare l’incolumità personale oltre alla propria dignità. Il Governo e i sindacati si interrogano su come migliorare redditi e sicurezza sul lavoro, dimenticando che la Repubblica più che sul lavoro sembra quanto mai fondata sullo sfruttamento di chi lavora.

Viene da chiedersi: chi è che firma certi contratti? E chi dovrebbe controllare uffici, fabbriche, cantieri per verificare ed eventualmente sanzionare?

Quante lacrime di coccodrillo vediamo scorrere dopo le solite tragedie!

Intanto la contro-letteratura trionfa nel mondo (la saga idiota di quel simbolo del nulla proveniente dalla Gran Bretagna ha venduto 350 milioni di copie!), da noi si legge sempre meno (e ti credo…) e la stampa continua ad essere sovvenzionata dallo Stato. Se avete qualche motivo di consolazione a tutto questo, vi prego di inviarmelo. E buon 2008!