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0 – Il richiamo di uno Spirito lontano

La voce che sente molto spesso chiunque svolga, a qualsiasi titolo, un’attività artistica o letteraria. Si confonde, abitualmente, tale svolgersi con il commercio: non vendi dischi o libri, non sei nessuno. Ne vendi molti, sei un dio mentre invece anneghi la tua sensibilità in un mare di convenzioni e obblighi.

Non possiamo smettere di suonare, cantare, recitare e scrivere ugualmente perché rispondiamo al richiamo di uno Spirito lontano, troppo lontano per riconoscerlo facilmente. Non so se quanto esprime quello Spirito traspare, e quanto, dalle parole che leggete nei miei romanzi. Sinceramente, non è questo il punto.

Dovrei preoccuparmi di sentirlo io, prima che voi. Spesso su questo blog parlo del grande e talvolta dell’immensamente grande. Ho fatto l’errore che molti continuano a compiere. Quel che possiamo percepire tramite i cinque sensi prende il sopravvento su quel che raccogliamo in altri reami dell’essere, dove spesso arriviamo con gli occhi del sogno ma non riusciamo a riportare alla mente cosciente quei ricordi, ovvero i riflessi di altri momenti del nostro essere.

Probabilmente, in origine, eravamo agglomerati di libera coscienza che volevano comprendere quel che esisteva intorno a loro, avendo intuito che la natura del Dentro non era equivalente alla composizione vitale e non del Fuori.

Si potrebbe pensare che, durante quell’opera di conoscenza, qualcuno o qualcosa abbia saputo imprigionare gli antichi esploratori in un difficile gioco di specchi dove il riflesso stesso confonde e disorienta.

In questa condizione diventa molto difficoltoso dividere e classificare momenti diversi di vari piani esistenziali, credendo di partire e ritornare soltanto in una tappa dell’antico viaggio.

Potremmo condensare il problema del nostro smarrimento nell’aver perso una bussola che ci guidava in un mondo di tenebre. Cosa cercavamo laggiù, sinceramente, non lo ricordo.

Esiste anche un’altra concezione, il dubbio suggerito da quanti pensano di essere loro stessi solo il riflesso di un’altra memoria. Ovvero che la loro vita sia stata mutuata da un’altra fonte di vita peraltro inesauribile. Questa concezione è legata all’antica idea degli Gnostici che la vita sia relativa a Anima, una facoltà divina rubata dal Demiurgo all’Eone Padre per inserire la vita nella Creazione.

Gli esseri creati dal contatto di Anima con il Nulla avrebbero solo la memoria di quel che ricorda Anima e non la loro.

Gli appartenenti agli studi della Parapsicologia del Novecento ritenevano esistere non una sensibilità individuale ma il cosiddetto Mare Psichico che corrisponderebbe a una sorta di anima collettiva. Questa loro teoria riporta alla mente il concetto di Anima proprio degli gnostici. Gli studi pubblicati da Corrado Malanga, infatti, mostrano sempre il parlare al plurare di Anima quando riemerge dall’ipnosi condotta su addotti.

L’Entità che si fa chiamare Anima parla al plurale e non riconosce le nostre dimensioni né spaziali né temporali. Occupa il contenitore -corpo ma vive un’esistenza che non appartiene all’umano. Tenete a mente che nulla, nei miei studi, nega questa teoria, in realtà. Ovvero che io stesso, che sto scrivendo questo blog, in effetti possa soltanto ricordare non solo quel che scrivo ma la mia stessa esistenza. Ovvero essere la mia persona il riflesso di una mente lontana e non una vita oggettiva e concreta.

La sensazione, molto netta, di non appartenere al mondo che si percepisce è comune a molte persone, e tra queste diventa quasi un tormento negli addotti. La loro situazione estrema rende talvolta molto facili da individuare alcune, loro, evidenze e sintomatologie che ci aiutano persino a comprendere la nostra, stessa, natura. Queste eveniense la ho descritte nel romanzo LA TERRA INVASA DAI RETTILI.

Essere prelevati, con il corpo, dalla propria camera da letto, oltrepassando muri e ostacoli di ogni genere, come se la realtà oggettiva stessa sparisse dallo scenario del rapimento, e trovarsi collocati nel lettino di un laboratorio alieno, rende queste persone ultrasensibili, oltre che molto inquiete. Non sempre, a dire il vero, perché alcuni di loro riferiscono di contatti con entità angeliche o comunque rassicuranti.

Da questo quadro esce una realtà alternativa che potremmo riassumere in questi termini: le sensibilità individuali, le esistenze individuali, altro non sono che riflessi di una mente lontana, forse collettiva o almeno composta da varie sensibilità autonome eppure collegate tra loro. Queste consapevolezze avrebbero potuto ideare il sistema dei corpi necessari a  esplorare e quindi poter entrare in posti lontani dalla loro origine che noi chiamiamo Spirito.

I luoghi da esplorare, contraddistinti da piani dell’esistenza diversi in quanto a composizione atomica, sono quindi raggiungibili se la consapevolezza si rende  compatibile con i corpi a densità variabile, tra cui il nostro corpo fisico.

Nel progetto originario, si doveva comunque poter ricordare l’origine della nostra esistenza e quindi qualcuno o qualcosa è intervenuto durante la discesa nei piani più densi come il piano materiale nel quale viviamo o pensiamo di vivere.

Infatti, l’antica natura è stata dimenticata, a causa dell’identificarsi nel contenitore invece che nel contenuto.

Ora siamo convinti che questa sia la vita, la verità della nostra esistenza.  Intorno a noi opera ancora chi confonde il gioco di specchi nel quale siamo precipitati perché ha compreso che la propria esistenza dovuta alle ombre generate della nostra consapevolezza discesa nel mondo di tenebra, sparirà se la consapevolezza dovesse risalire alla dimensione precedente. Il nostro oppositore, quindi, necessita di farci credere che la vita sia questa e che noi stessi siamo il corpo che abitiamo.

Quest’opera di mistificazione continua da molto tempo, tra le ere e nei millenni, mentre noi stessi continuiamo a credere che il corpo sia la nostra casa materiale mentre è soltanto uno scafandro per esplorare le dimensioni dove credevamo di trovare chissà cosa. In altre parole, ci siamo identificati con le regole del nostro viaggio che ora ci sembra essere la nostra, stessa, vita.

Quando le diverse scuole esoteriche parlano di ascendere alle dimensioni superiori, in realtà, noi ci troveremmo a riemergere, percorrendo  la strada compiuta in passato ma al contrario. Non esiste un peccato originario da espiare, una colpa da redimere e tantomeno lo sviluppo spirituale o mistico da dover conseguire.

Esiste soltanto la necessità di ricordare. Ricordare.

Il gioco dei Tarocchi, sul quale ho creato uno dei miei personaggi letterari, Mister Tau, che forse può aiutare a ricordare quanto è seplolto in una parte della nostra memoria personale e collettiva.

Si dice che i Tarocchi siano stati disegnati da personaggi tornati dai mondi spirituali che tramite le immagini, definite Archetipi, che illustran ole differenti Lame dei Tarocchi, possono parlare il linguaggio dello Spirito, ovvero riportare alla nostra mente le parole che ci mettono in condizione di poter comunicare con l’Origine di noi stessi.

Il gioco dei Tarocchi inzia con la Carta che ha il numero 0.  Il Matto. Guardandola, ovvero meditandola, si capisce il senso di quel che ho cercato di descrivere in questo post. Esiste una sola Strada, un solo sviluppo possibile: tornare alla Fonte, all’Origine, quindi tornare indietro.

Nel prossimo post analizzeremo questa Carta fondamentale. Il ritorno inizia quindi con un atto di follia.

strada nebbia